Giochi ludici:

 

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GIOCARE ALLE NOCI

I Romani usavano spesso le noci, in alternativa alle biglie. Divertirsi con le noci era usuale. L’espressione “relinquere nuces” (lasciare le noci) significava lasciare l’infanzia, una svolta importante per un giovane romano. Scrive Marziale: “era triste lo scolaro perché aveva  lasciato le noci”. Nella opera : “Le noci” attribuita ad Ovidio troviamo il  Ludus castellarum; il gioco consisteva nel formare un triangolo con tre noci ravvicinate e una in cima che bisognava far cadere.

MOSCACIECA
 

Veniva chiamato da Polluce “muìda” che deriva da mùo chiudere. Il gioco consisteva nel bendare un ragazzo e farlo ruotare fino a fargli perdere l’orientamento. Mentre ruotava doveva dire “andrò a caccia della mosca di bronzo”. I suoi compagni gli  rispondevano “la cercherai ma non la prenderai” e lo colpivano con corregge di cuoio, fino a quando lui non prendeva uno di loro. Questo gioco è anche detto "la mosca di bronzo".

GIOCARE AI CARRETTINI
 

Nell'antica Roma erano tirati da cani, capre,  pecore ed i bambini li usavano per girare per le strade. Erano prevalentemente in legno o avorio e venivano trainati da animali legati ad esso con una stringa di cuoio. Si può ammirare a Piazza Armerina un mosaico nel Vestibolo del Piccolo Circo di Villa Casale con quattro bighe trainate da oche, fenicotteri, colombacci e trampolieri. Un ragazzo è dichiarato vincitore da un compagno che gli consegna la palma, simbolo di vittoria. I carrettini nell'antica Roma erano molto elementari, tanto che i ragazzi stessi se li costruivano in casa con un bastone che aveva una delle due estremità a forcella, alla quale veniva fissata una sola ruota. Alcuni sarcofagi lo rappresentano molto bene: uno, in particolare, è conservato a Villa Torlonia a Roma. Nell'immagine a destra si scorgono alcuni eroti sulla linea di partenza: mentre un compagno dà il via, un altro più in là segna la linea di traguardo. Conosciamo anche un carrettino a tre ruote, che vediamo rappresentato in un affresco in Via Portuense.

PARI E DISPARI
 

Gli antichi anziché puntare con le dita,  nascondevano nelle mani delle conchiglie, o sassolini, o noci in un certo numero, e l’altro doveva indovinare se il numero era pari o dispari. Questo gioco veniva praticato anche dagli adulti che mettevano in palio denaro, scrisse Augusto: “Diedi 250 denari a mia figlia Giulia nel caso che  durante la cena giocassero a pari e dispari”.

TESTA O CROCE?
 

I Romani lo chiamavano “Navia ant capita” poiché la moneta più adatta era quella che aveva da una parte la prora di una nave e dall’ altra Giano bifronte. Un ragazzino buttava una moneta e gridava “testa o nave”.

GIOCARE AI GIUDICI
 

Nell’Antica Roma i genitori portavano i propri figli a casa dei patrizi per partecipare a riunioni ufficiali o cerimonie pubbliche. Così molte volte i bambini giocavano per imitazione “Ai Giudici, come racconta Elio Sparziano  che dice: L’unico gioco che facevo quando ero giovane era il giudice”. Egli, dopo la processione, preceduta da fasci e scuri, sedeva e giocava circondato da una schiera di compagni.

LE TROTTOLE

Le trottole vennero cantate da  numerosi poeti tra i quali Virgilio:“ Come sotto l’ambigua frustata volò una trottola, che i bambini, in gran giro, intorno al vuoto cortile, intenti al gioco affaticano, quella, guidata, dal laccio, corre intorno, si china sopra, stupendo l’ignara schiera infantile guardando il bosso volubile”. Il vecchio Catone consigliava al figlio Marco: “Trochò lude alias fuge (gioca alla trottola, fuggi il gioco dei dadi)”.

GLI AUTOMI
 

Questi ingegnosi giocattoli erano conosciuti anche dai Romani. Ne abbiamo la prova attraverso il Satiyricon. Patronio  scrive: “Entrò nella sala durante  la cena un servo, che aveva in mano una figurina d’argento con legato un filo in modo che quando lo tirasse assumesse diverse posizioni”.

GIOCARE AI BIRILLI
 

Questo gioco era diffuso anche a Roma: una testimonianza ci deriva da un sarcofago romano conservato nei Musei Vaticani. Vi sono rappresentati due birilli sagomati in piedi sul terreno, ed ai lati del bassorilievo figurano quattro eroti, due per ciascun lato, ognuno dei quali ha in mano un piccolo cilindro con all’estremità una protuberanza.

ASTRAGALI
 

L’astragalo o talus era l’ossicino di un quadrupede (vitello, capra, cane o pecora) che si trova tra il calcagno e il bicipite. Per cercare di capire come fossero utilizzati per giocare possiamo assimilarli ai dadi, ma le notevoli differenze fanno del gioco degli astragali un divertimento o, quando è il caso, un gioco d’azzardo completamente a se stante. Gli astragali avevano anche un uso divinatorio come conferma Plinio parlando della funzione magica di quelli di lepre: essi potevano servire come amuleti o redimere una controversia. Erano uno strumento di gioco così diffuso da essere riprodotto nei materiali più diversi quali l’oro, l’avorio, il bronzo, il marmo e la terracotta. Conosciamo anche un particolare astragalo di bronzo che presenta sembianze umane. Il gioco era praticato da ragazzi e da adulti di tutti i ceti sociali.

CREPITACULA

Venivano usati come giocattoli anche i poppatoi che dovevano servire oltre che ad attirare l’attenzione con forme avvincenti (spesso animali soprattutto cagnolini e maialini ), con colori  sempre molto vivaci e con  il rumore che termina, una volta finita la poppata: infatti, spesso, si inseriva al loro interno una pallina o un sassolino. Plauto nella commedia “Rudes” (corda), narra di una fanciulla, Palestra, scomparsa in mare e creduta morta dal padre. Ella trae dal suo cestello, ripescato nelle onde, vari giocattoli (ricordi della prima infanzia) per farsi riconoscere da lui dopo tanti anni. E così saltano fuori i “crepundia” (dal verbo latino “crepare”, far strepito, rumore), con cui i Romani indicavano i vari sonagli e gingilli offerti ai bambini piccoli per divertirli o conciliare loro il sonno. Rappresentavano piccole falci fiorellini, conchiglie, animali ed erano appese con catenelle al collo al polso dei bimbi. Tertulliano li chiama “crepitacula”, Valerio Massimo “fasciolae”, Arnobio “tintinnabula”. Fin troppo chiaro il termine e il suono onomatopeico. Questi giocattoli erano per lo più di osso, di bronzo, di rame, d’argento e, alcuni, anche d’oro. Altri, semplicemente,  venivano costruiti con bacche secche, noci e nocciole infilate in una cordicella o in un supporto di legno.

I GIOCHI CON LA PALLA

I bambini romani facevano giochi simili a quelli dei bambini greci. Conosciamo il Pheristerium, il Luder expulsim (una specie di tennis senza racchetta a rete)  il Trigon (tre giocatori si mettevano in un punto da cui non si spostavano e giocavano passandosi la palla: se ne usava una piccola e molto dura), il Pancratium, Sappiamo che usavano anche altre palle, ad esempio( follis: di grande dimensione, leggera e gonfiata d’aria), paganica( in cuoio, di grandezza media, riempita di piume).